Nelle cronache delle ultime settimane sul G20 a Roma e sulla Cop26 a Glasgow si è parlato molto della fine delle fonti fossili come pure della fine dei motori a combustione. Tutti abbastanza d'accordo sul fatto che prima o poi bisognerà arrivarci, salvo nuovi imprevedibili sviluppi tecnologici in grado di cambiare lo stato dei fatti. Una discussione a livello di Stati e di istituzioni sulla quale l'industria petrolifera ha assunto, anche in Italia, un atteggiamento neutrale dove preminente è il modo su come si arriverà a questa scadenza, rispettando il principio della “neutralità tecnologica”. Un tasto su cui batte e ribatte da anni il presidente di Unem, Claudio Spinaci. Che è uno dei quattro macro-obiettivi contenuti nella proposta di Piano per la Transizione Ecologica (Pte) insieme a quelli dell'azzeramento dell'inquinamento entro il 2050, dell'adattamento ai cambiamenti climatici e della transizione verso l'economia circolare. Obiettivi che prevedono il coinvolgimento anche dell'industria petrolifera e sui quali, condividendoli, Unem non più tardi del 28 ottobre ha inviato una serie di commenti alle commissioni Ambiente di Camera e Senato che sul Piano hanno avviato un ciclo di audizioni. Un documento che fa seguito al rapporto inviato due settimane prima, il 14 ottobre, al Governo dallo stesso Spinaci per chiedere un confronto urgente sullo stato dell'industria della raffinazione e sui suoi scenari evolutivi. Un rapporto dai toni allarmanti, quasi drammatici, che non risparmia accuse sulle negligenze delle istituzioni nei confronti di un settore industriale che continua a garantire la copertura del fabbisogno energetico dei trasporti e di altri importanti comparti dell'economia.
Fonte: Staffetta Quotidiana
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Portavoce delle istanze delle aziende industriali energivore