Come per la minimum tax anche sul clima il G20 spinge per una azione a livello globale. A conclusione della tre giorni di vertice a Venezia ieri è stato il giorno della Conferenza internazionale sul clima. Tutti sono stati d’accordo nel rilanciare l’allarme: il tempo stringe ed il costo di un’azione ritardata sta aumentando rapidamente. Nel corso dei lavori, è emerso con chiarezza che non serve fare dichiarazioni audaci sugli obiettivi climatici, perché raramente a queste seguono azioni proporzionate da parte di tutti gli attori coinvolti. Innanzitutto vi sono le difficoltà nel coordinare le politiche tra Paesi a differenti stadi di sviluppo e con differenti capacità tecniche e finanziarie, quindi la persistenza dei sussidi per le attività dannose e i problemi tecnici e politici nella progettazione di meccanismi di mercato per valutare efficacemente danno ambientale ed inquinamento; la mancanza di dati e criteri affidabili per valutare i rischi climatici attuali e futuri legati alle attività umane e per definire in modo convincente gli investimenti verdi ed infine l’enorme quantità di risorse necessarie per progettare una transizione ordinaria a livello globale. L’UE punta a sfruttare il rimbalzo legato alla ripartenza dopo la pandemia e al Recovery Fund per trasformare l’economia e renderla più sostenibile, ma deve scontrarsi con l’FMI, posto che la sua direttrice Kristalina Georgieva contesta a Bruxelles l’idea divisiva di adottare meccanismi di correzione di prezzo alle frontiere ritenendo più utile introdurre una maggiorazione di prezzi a carico delle emissioni da CO2.
Fonte: La Stampa – Paolo Baroni – (pag. 32)
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Portavoce delle istanze delle aziende industriali energivore