Il mercato del petrolio è forse vicino a una svolta. Arabia Saudita e Stati Uniti hanno aperto la porta alla possibilità di tagli alla produzione, anche di grande entità. Infatti le quotazioni del Brent si sono impennate del 47% nel corso della seduta, anche se in seguito si sono riportate poco sotto i 30$. Non sarà facile arrivare a un risultato concreto: non si sa ancora con precisione quali Stati siano disposti a chiudere i rubinetti, né come si ripartiranno i sacrifici e quando lo faranno. Donald Trump ha annunciato con due tweet in cui prefigura da parte di russi e sauditi tagli “ di circa 10 milioni di barili” che “potrebbero salire a 15 milioni”. Da Riad, l’Arabia Saudita chiede la convocazione di un vertice d’emergenza con la Russia, il resto della coalizione OpecPlus e un “gruppo di altri Paesi”, con l’obiettivo di “raggiungere una soluzione equa per ricostruire l’equilibrio desiderato sul mercato del petrolio”. E’ chiaro se Riad chiuderà i rubinetti solo se faranno anche tutti gli altri che stavolta la categoria non comprende solo i vecchi alleati, ma anche gli Usa e magari il Canada, il Brasile e il Messico. Trump, oltre che lavorare sul piano diplomatico, aveva già in programma di varare misure a sostegno dell’industria petrolifera Usa. Centinaia di frakers sono sull’orlo del fallimenti. Non è detto comunque che ci voglia per forza un’OpecPlus allargata. La domanda di greggio ridotta al lumicino, i prezzi troppo bassi e lo spazio di stoccaggio vicino ad esaurirsi stanno già costringendo il mercato ad adeguarsi, con una sorta di selezione darwiniana che ha già colpito i produttori più deboli e isolati.
Fonte: Il Sole 24 Ore - Sissi Bellomo (pag. 10)
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