Sono i prezzi dell’energia che permettono all’inflazione di mantenersi sopra lo striminzito 1%, in particolare quelli dei carburanti. Rispetto all’agosto 2016, i prezzi della materia prima greggio sono superiori di circa il 10% a 52 dollari per barile. Tuttavia, negli ultimi giorni, con l’arrivo dell’uragano Harvey, la benzina segna ulteriori aumenti, mentre il greggio cala verso i 50 dollari. La East Coast dovrà approvvigionarsi ora anche dall’Europa, come non accadeva da anni, e ciò ha innescato rialzi dei prezzi internazionali che si scaricheranno nei prossimi giorni su quelli alla pompa in Italia. La domanda di greggio, invece, proprio per le minore lavorazioni americane, scende e accentua l’eccesso di offerta che deriva dalle scorte alte e dal recente aumento della produzione Opec. Prezzi della benzina che salgono e materia prima in calo fanno esplodere i margini di raffinazione. Chi ci guadagna sono i raffinatori europei, fra cui le nostre grandi raffinerie vocate all’esportazione, Saras in Sardegna, Lukoil, Esso e Milazzo in Sicilia.
Fonte: Il Sole 24 Ore, Impresa e territori – Davide Tabarelli (pag. 11)
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