Settanta dollari al barile. Il 2017, secondo le previsioni Nomisma, vedrà un importante aumento del prezzo del petrolio, con inevitabili effetti sull’inflazione e sulla politica monetaria delle banche centrali. La crescita dei prezzi sarà determinata dallo storico accordo firmato dai Paesi Opec alla fine di novembre, secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. Dopo un 2016 caratterizzato da un eccesso di offerta e da prezzi piuttosto contenuti (che hanno complicato i piani a lungo termine delle aziende petrolifere) la svolta Opec dovrebbe riportare in su il valore del greggio. I produttori Opec hanno raggiunto l’intesa di tagliare la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno dopo il record di ottobre scorso (33,7 milioni di barili giornalieri). Nel 2017 dovrebbero diventare 32 milioni, considerando anche il taglio promesso da 11 Paesi non Opec di ulteriori 500 mila barili. Sull’intesa un ruolo importante l’ha recitato la Russia (che ha tagliato a sua volta la produzione di greggio) consentendo un parziale avvicinamento tra Iran e Arabia Saudita, acerrime rivali anche nello scacchiere geopolitico mediorientale. La consuetudine, in vigore da 40 anni, è che il livello di produzione salga ogni anno di circa 1-1,5 milioni di barili al giorno per compensare l’aumento della domanda, ma negli ultimi due anni la richiesta mondiale di petrolio è diminuita finendo inevitabilmente per abbassare i prezzi. Un freno alla ripresa dei valori del greggio può venire soltanto dagli Stati Uniti.
Fonte: Corriere della Sera – Fabio Savelli (pag. 32)
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