Secondo il rapporto appena pubblicato sul sito del Mise in merito al mercato dell’energia elettrica, ad eccezione delle fasce collocate nelle fasce inferiori di consumo, il prezzo italiano è tra i più elevati in Europa – dal 17% al 54% in più della media Ue). Non va meglio per le imprese che soffrono un differenziale tra il 22 e il 45% in base alla classe di consumo. Un discorso a parte il gas in cui ha un ruolo fondamentale la parte fiscale. Per le imprese il differenziale è maggiore per quello con i consumi più bassi che pagano un prezzo superiore del 17% rispetto alla media Ue. Nel 2016 sembra essersi arrestato il trend di convergenza dei prezzi italiani verso quelli europei iniziato nel 2012. La Sen indica due linee di azione: la prima prevede che il prezzo dell’energia elettrica per i grandi consumatori industriali dovrà scendere con le nuove agevolazioni per le energivore; per le imprese con un rapporto inferiore del 20% l’onere sarà variabile e calcolato in base al costo energia/fatturato ma comunque pari al 15% dell’importo non agevolato. Per quanto riguarda il gas si calcola che tra Psv e Ttf permanga una differenza del 10% quasi integralmente legata ai costi di logistica; in questo caso l’antidoto sarebbe il “corridoio di liquidità” che potrebbe portare fino a 300 milioni di euro di risparmi. In un’epoca di movimenti “Nimby” qualche problema potrebbe essere sollevato da possibili nuove infrastrutture per diminuire la dipendenza italiana dal gas russo: nella Strategia si privilegia la realizzazione di un impianto galleggiante da circa 4 miliardi di metri cubi.
Fonte: Il Sole 24 Ore
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