Da quando venerdì le navi militari turche hanno imposto alla Saipem 12000 di bloccare la sua rotta verso il “blocco 3” di Cipro, il Grande Gioco del gas nel Mediterraneo orientale è diventato assai duro. La Turchia ha minacciato l’uso delle armi per una contesa economica, che tra l’altro neppure la riguarda direttamente (Ankara tutela il suo vassallo Cipro Nord). Le leggi del mare vietano un comportamento del genere, e affidano la soluzione di queste controversie ai tribunali internazionali. Il problema è che quella parte del Mediterraneo dal 2010, dopo le prime scoperte in Israele, da anni è diventata la terra promessa del gas, ma è anche l’area in cui guerre, rivalità e scontri geopolitici di ogni tipo sono in corso e sono assolutamente prevedibili. Il caso Cipro è solo uno: ci sono lo scontro fra Libano e Israele, la pace fredda tra Israele ed Egitto, la possibilità che un giorno perfino la Siria di Assad inizia ricordarsi di avere un affaccio sul Mediterraneo e crei altri problemi. I tasselli del mosaico sono tutti in movimento abbastanza confuso: è inevitabile che per andare ad incastro gli aspetti geologici, l’esplorazione, la tecnica debbano incrociarsi con l’economia, con la redditività di ogni scoperta. Ma anche con le rivalità politiche e militari.
Fonte: La Repubblica – Vincenzo Nigro (pag. 7)
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