Lo shale oil americano è tornato a registrare tassi di crescita «esplosivi», che potrebbero vanificare gli sforzi dell’Opec nonostante il collasso dell’industria petrolifera in Venezuela sia probabilmente destinato a continuare. L’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) si unisce al coro di quanti prevedono un vero e proprio boom di produzione negli Stati Uniti nel 2018, tale da rendere verosimile il sorpasso di Arabia Saudita e Russia. Washington è avviata ad estrarre 1,1 milioni di barili al giorno in più quest’anno, arrivando a 10,4 mbg, secondo l’organismo dell’Ocse (la precedente stima indicava un incremento di 870mila bg). La super-produzione Usa, unita ad aumenti consistenti anche in Brasile e Canada, porterà in ogni caso ad un incremento dell’offerta non Opec di ben 1,7 mbg, calcola l’Aie: un eccesso di esuberanza che ricorda il periodo della «grande sbornia», quello tra il 2013 e il 2015, quando al traino degli Usa l’offerta petrolifera cresceva al ritmo di 1,9 mbg l’anno. L’effetto sul prezzo del barile stavolta potrebbe non essere altrettanto disastroso, anche se l’Agenzia parigina si aspetta un anno all’insegna della volatilità. La domanda continua infatti a correre, anche se dovrebbe rallentare (la previsione è che aumenti di 1,3 mbg, dopo il +1,7 mbg del 2017). E le scorte petrolifere si sono già ridotte parecchio.
Fonte: Il Sole 24 Ore, Finanza e mercati – Sissi Bellomo (pag. 21)
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